Sabato 16 e domenica 17 luglio arriva nel Castello dell’Acciaiolo di Scandicci il capolavoro più originale del teatro comico del Cinquecento italiano, La Mandragola di Niccolò Machiavelli. Un lavoro ‘principe’ nello smascherare l’ipocrisia di qualsivoglia autorità.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana con gli attori de La Compagnia delle Seggiole.
“Può davvero diventare un’ossessione il non riuscire ad avere un figlio che garantisce la continuità del casato, ma non al punto di dover morire, pur di averlo, prima del tempo. Se però la vita può lasciarcela un altro…” Così Messer Nicia, che si crede furbo, si fa coinvolgere da chi furbo è davvero in una beffa erotica dal vago sapore boccaccesco. Ma nonostante la materia leggera, La Mandragola non smentisce il Machiavelli de Il Principe: nello smascherare l’ipocrisia di autorità intoccabili come la Chiesa o la famiglia nella Firenze rinascimentale; nel dimostrare che nella conquista di qualcosa cui si tiene davvero, non importa se si tratta di una donna o di un principato, le regole del gioco sono sempre le stesse. I modelli di riferimento sono, per Messer Niccolò, il teatro classico, da cui trae l’impianto generale, la novellistica e Boccaccio in particolare da cui prende la materia narrata, l’articolazione e la psicologia dei personaggi.
La beffa fiorentina per eccellenza, tra i primi testi in prosa italiana, narra del giovane e ricco Callimaco che, tornato da Parigi a Firenze, si serve dell’aiuto del parassita Ligurio per sedurre la bella e casta Lucrezia. Ligurio ha l’idea di sfruttare la stupidità del marito di lei, Nicia, desideroso di avere un erede, ma convinto che la moglie sia sterile. Organizza così un incontro in cui Callimaco si finge medico, suggerisce una pozione di mandragola per guarire la donna e convince Nicia della necessità di far giacere la moglie con uno sconosciuto, poiché la pozione avrebbe il potere di uccidere il primo uomo che avesse avuto rapporti con lei dopo averla bevuta. Lo scaltro Ligurio riesce poi a vincere la resistenza di Lucrezia a commettere il doppio peccato di adulterio e omicidio, grazie all’aiuto della madre di lei, Sostrata, e al corrotto Fra’ Timoteo, suo confessore. La sera, dopo aver fatto bere la pozione di mandragola a Lucrezia, viene organizzato il rapimento di un giovane vagabondo, che in realtà è Callimaco travestito. Quest’ultimo passa la notte con la donna e la mattina le rivela la sua identità, tutto l’inganno e il suo amore. Lei, constatata la differenza tra il vecchio marito e il giovane Callimaco, lo accetta come amante e gli consiglia di presentarsi all’inconsapevole Nicia come suo compare, cosicché potrà entrare e uscire dalla sua casa a suo piacimento e tutti avranno ottenuto ciò che volevano.
Come ne Il Principe, anche qui Machiavelli intende analizzare e mostrare la verità effettuale dei mezzi con cui l’uomo arriva a raggiungere i suoi fini, spostando però la prospettiva dallo scenario vasto della politica a quello della vita privata e utilizzando il linguaggio della comicità. Si tratta, tuttavia, di una comicità amara e spietata poiché, se lo scopo dell’agire politico ha una ‘intenzione alta’, i personaggi de La Mandragola mettono in campo tutte le loro migliori energie, le loro virtù, per uno scopo greve e volgare: il soddisfacimento dell’amore sensuale e l’interesse economico. In qualche modo, si può dire allora che le virtù del Principe siano distribuite in tutti i personaggi, anche se sicuramente Ligurio lo rappresenta in modo più completo. È lui, infatti, il vero protagonista della vicenda, una figura ben diversa dai parassiti o dai servi scaltri della commedia classica, poiché non agisce per un materiale tornaconto personale.