1 Mar 2016 - 6 Mar 2016
Gabriele Lavia
di Euripide
con Federica Di Martino, Daniele Pecci, Mario Pietramala, Angiola Baggi, Giorgio Crisafi, Francesco Sferrazza Papa, Sofia De Angelis, Giulia Horak
e con Silvia Biancalana, Maria Laura Caselli, Flaminia Cuzzoli, Giulia Gallone, Silvia Maino, Diletta Masetti, Katia Mirabella, Sara Missaglia, Francesca Muoio, Marta Pizzigallo, Malvina Ruggiano, Anna Scola, Lorenza Sorino
adattamento e regia Gabriele Lavia
produzione Fondazione Teatro della Toscana e Teatro Stabile di Napoli
foto di scena Tommaso Le Pera
Orari Lo spettacolo ha una durata di 1 ora e 20 minuti circa, atto unico.
Quando:
01/03/2016 - 21:00–23:00
2016-03-01T21:00:00+01:00
2016-03-01T23:00:00+01:00

TOURNÉE

Napoli  Teatro Mercadante 17 – 28 febbraio 2016
Como  Teatro Sociale  8 – 9 marzo 2016

Dopo l’entusiasmante successo della scorsa estate al Teatro Romano di Fiesole la Fondazione Teatro della Toscana e il Teatro Stabile di Napoli presentano al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ la Medea con la regia di Gabriele Lavia. Un lavoro che scava nell’animo umano e nei grandi interrogativi della vita: Federica Di Martino è Medea, Daniele Pecci è Giasone. Lo spettacolo della diversità e dell’istinto attraversati da folgoranti visioni tragiche.

Medea è uno dei personaggi più celebri del mondo classico, per forza drammatica, complessità ed espressività. Euripide la mette in scena nel 431 a.C. e per la prima volta nel teatro greco (almeno quello che è arrivato sino a noi) protagonista di una tragedia è la passione, violenta e feroce, di una donna. Forte, perché padrona della sua vita, tanto da distruggere tutto quello che la lega al suo passato. Una donna diversa, una barbara in una città che la respinge. Gabriele Lavia legge oggi nel capolavoro euripideo il viaggio verso un personaggio sradicato in un paese straniero. “Medea è una donna tradita”, spiega il regista, “è una donna che viene da lontano. Èfiglia del Sole’, non perché partorita dal dio Sole, ma perché viene dal mondo in cui il Sole sorge. Viene dal Caucaso, dall’Oriente, è un’altra cultura. È quel mondo che parla ilbarbar’, cioè balbetta la lingua greca, da cuibarbaroi’, ‘barbari’. Giasone sposa Medea: è come se un signore di Stoccolma sposasse la figlia del re di una tribù dell’Amazzonia, che però ha delle conoscenze che a noi sfuggono.

La scena si svolge a Corinto, dove Medea vive con Giasone e i loro due figli. La donna ha aiutato il marito nell’impresa del Vello d’oro e abbandonato il padre Eeta, re della Colchide e fratello di Circe. Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole offrire sua figlia Glauce in sposa a Giasone, dandogli così la possibilità di successione al trono. Giasone accetta e abbandona Medea. Federica Di Martino, dopo Le troiane, regia di Federico Magnano San Lio (2008) e Andromaca, di Alessandro Maggi nel 2009, interpreta Medea, mentre Daniele Pecci, attore di cinema e televisione, imponente e tirannico Edipo nel 2013 al Teatro Greco di Siracusa, è Giasone. Umberto Ceriani è Creonte, Angiola Baggi la Nutrice, Pietro Biondi il Pedagogo, Gabriele Anagni il Messaggero. Il coro è formato da quattordici giovani attrici.

“Medea è un testo, come si dice, antico”, prosegue Lavia, “antico non vuole dire morto, passato. Al contrario, più è antico e più è vicino a una ‘origine’. L’origine di qualcosa è ciò a partire da cui e per cui una cosa è quella ‘cosa’ che è. L’origine di qualcosa è la sua essenza. Medea, dunque, è più vicina all’essenza del teatro di qualunque testo più recente o, addirittura, attuale.”

Malgrado la disperazione, vista l’indifferenza di Giasone, la donna medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che in realtà è pieno di veleno, lo indossa per poi morirne fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch’egli il mantello, e muore. Ma la vendetta di Medea non finisce qui: per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli avuti con lui condannandolo all’infelicità perpetua. Creatura di passioni e di istinti che si direbbero disumani se non fosse così potentemente e intimamente donna, Medea è quasi una forza della natura allo stato essenziale, che la ragione serve soltanto a rendere consapevolmente feroce, senza poter imporre alcun freno all’animo indomito. “Medea, che si ripete sempre la ‘stessa’ e mai uguale (poiché cambiano gli attori)”, precisa Lavia, “è ‘contemporaneacioè unisce il tempo antico al nostro presente e mette in crisi una certa attualità di oggi, svelandone la falsità. Che cosa è contemporaneo nell’antichissimo? Proprio il fatto che qualcuno lo ‘ripeta’. E per ripetere bisogna apprendere.

Euripide riesce nella difficile impresa di motivare psicologicamente una donna che è l’antitesi della ragione. Affermandone la dignità, concetto che stava prendendo forma nell’Atene dell’epoca.


Quando:
01/03/2016 - 21:00–23:00
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2016-03-01T23:00:00+01:00