NON DOMANDARMI DI ME, MARTA MIA

Festival Avamposti
25 Set 2021 - 26 Set 2021
Elena Arvigo
di Katia Ippaso
musiche originali Maria Fausta
scene Francesco Ghisu
disegno luci Giuseppe Filipponio
image designer Elio Castellana
assistente alla regia Giulia Dietrich
regia Arturo Armone Caruso
produzione Nidodiragno/CMC
foto di scena Manuela Giusto
Orari 21, domenica ore 16.45
Prezzi Intero 14€
Ridotto 12€ - over 60, under 25, Coop, Arci, Uisp, ATC
Ridotto 7€ - residenti Comune di Scandicci
Ridotto 5€ - iscritti ai corsi di formazione Il Teatro delle Donne
Quando:
25/09/2021 - 21:00–22:00
2021-09-25T21:00:00+02:00
2021-09-25T22:00:00+02:00

Intorno al carteggio Luigi Pirandello-Marta Abba

PRIMA REGIONALE

Il testo si situa in un preciso punto del tempo, il 10 dicembre del 1936, data della morte di Luigi Pirandello, e in un preciso punto dello spazio, New York, dove Marta Abba stava recitando al Plymouth Theatre di Broadway. Quella sera, dopo aver fatto al pubblico l’annuncio dell’improvvisa scomparsa di Pirandello alla fine dello spettacolo, Marta Abba si trova da sola nella sua camera di Manhattan, non molto distante dalla Fifth Avenue, di fronte alla cattedrale di St.Patrick. Legge l’ultima lettera che Pirandello le aveva scritto, solo sei giorni prima della sua morte, nella quale non accennava minimamente alla sua malattia. Nella calma allucinata di quella notte, dopo la rappresentazione, Marta si trova a dover fare i conti con il suo passato. L’attrice ha portato con sé le lettere che negli anni le ha scritto Pirandello dal 1926 al 1936 ma anche quelle che lei aveva indirizzato al suo Maestro. Le sparge sul letto e sul pavimento, vi si immerge, e rievoca così la loro storia, la storia di un rapporto elettivo, agli altri segreto e in una qualche forma incomprensibile, «un fatto d’esistenza», annotava Pirandello in una lettera del ’29. Rispetto al personaggio forte e risoluto del carteggio, emerge in Marta Abba, col favore delle tenebre, una nota di vulnerabilità, una maggiore solitudine di donna. L’irruzione improvvisa della morte, non può non influenzare l’interpretazione del passato, facendo vacillare le certezze e portando la protagonista a farsi delle domande che non si era mai fatta prima. È una notte di veglia, in cui si fa vivo non solo il fantasma di Pirandello ma vengono chiamate a raccolta anche le immagini fantasmate di tutte le eroine pirandelliane (dalla Tuda diDiana e la Tuda alla Donata Genzi di Trovarsi, fino alla contessa Ilse deI Giganti della montagna) che il grande scrittore aveva inventato per lei, per la sua Marta.  

Katia Ippaso

Note di regia

“Nell’oscurità, una presenza sonora, incandescente. New York, gli anni Trenta, la “Città all’impiedi” di Céline. Una lanterna magica accende vorticose immagini notturne, quasi un divertissement, ma minaccioso. Un teatro d’ombre, la città in movimento, lettere, foto in bianco e nero, estratti filmati, nuvole che si addensano.  Anche la camera dell’albergo newyorkese di Marta Abba è un caleidoscopico comporsi e scomporsi di forme: inquadrature che inseguono il fluire del testo e della tessitura musicale. Dall’ombra, emerge come in un lampo, fascinosa, l’attrice: Marta Abba. «È giovanissima, di meravigliosa bellezza. Capelli fulvi, ricciuti, pettinati alla greca. La bocca ha spesso un atteggiamento doloroso, come se la vita di solito le desse una sdegnosa amarezza; ma se ride, ha subito una grazia luminosa, che sembra rischiari e avvivi ogni cosa». L’amarezza e la gioia, il fantasma e la realtà, il personaggio e la maschera. Nella notte, precipitati «d’improvviso, brutalmente in un’altra era, in un altro tempo, più tenebroso», chi è che ci parla? Pirandello attraverso Marta Abba o Marta Abba attraverso Pirandello? L’uno e l’altra. Incarnati.
In un viaggio notturno attraverso i passaggi di una corrispondenza dalla quale affiora pulsante l’emozione, l’attrice, dando una precisa tonalità orfica al testo, fa emergere il lungo, intenso e per tanti versi doloroso rapporto tra Luigi Pirandello e la sua attrice musa, Marta Abba. I temi dell’impossibile fusione amorosa, del senso dell’arte, di cosa si vale realmente, della vecchiaia inesorabile, della morte e della forma, anche quella dell’arte, che soffoca la vita irrompono sulla scena lasciandoci al termine dello spettacolo con il sentimento di  una irrimediabile perdita, di una minaccia incombente.
Luigi Pirandello e Marta Abba si allontanano all’infinito nella glaciale notte newyorkese, alla frontiera tra la vita e la morte, all’alba dell’immane catastrofe, di un’epoca buia che lo stesso Pirandello sentiva avvicinarsi.

Arturo Armone Caruso