Teatro Studio Mila Pieralli
6 Mag 2016 - 8 Mag 2016
scritto e interpretato da Marco Baliani
regia Maria Maglietta
scene e luci Lucio Diana
musica e immagini Mirto Baliani
visual design David Loom
costumi ed elementi di scena Lucio Diana e Stefania Cempini
direttore di produzione Marta Morico
comunicazione e ufficio stampa Beatrice Giongo
produzione MARCHE TEATRO
in coproduzione Festival delle Colline Torinesi
foto di scena Marco Parollo
Orari ore 21.00, domenica 16.45
La durata dello spettacolo è di un'ora, atto unico
Prezzi Posto unico non numerato
Intero 12 €
Ridotto 10 € (Over 60, Under 26, Abbonati Teatro della Toscana, PergolaCard)
Quando:
06/05/2016 - 21:00–23:00
2016-05-06T21:00:00+02:00
2016-05-06T23:00:00+02:00

Il corpo di un soldato nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. Trincea di e con Marco Baliani è uno scavo dentro la disgregazione spirituale di quel singolo corpo. Movimento, suono, immagini, parole cercano di mostrare l’indicibile di quella guerra, la follia, la paura, la perdita di identità, la trasformazione di esseri umani in ingranaggi di un’enorme fabbrica produttrice di morte. E su tutto la fame, di cibo, di acqua, di umanità, di relazioni. Uno spettacolo aspro, crudo, a tratti grottesco, un viaggio dentro la notte della nostra modernità, che ha ricevuto il logo ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionali.

Sono trascorsi cento anni dal primo conflitto mondiale. Ci saranno celebrazioni, pubblicazioni, conferenze, riflessioni, e altro ancora.

Io vorrei provare a toccare un piccolo punto di quell’immensa catastrofe, un solo corpo, quello di un qualsiasi soldato, anonimo, non appartenente ad una precisa nazionalità, e toccare quel corpo nel luogo più emblematico di quella guerra, la trincea.

Vorrei tentare di essere laggiù, in quel punto di una trincea di molti anni fa, ed esserci prima di tutto fisicamente, come corpo, in una forma di mimesi totale, in modo da essere così immerso nella dimensione dell’orrore e della sua gratuità da percepire almeno per un istante “il tipo di esistenza” di quel soldato.

Per il soldato in trincea il tempo si assolutizza in un puro denso presente, un tempo inceppato nella minuta quotidianità della sopravvivenza, fatto di gesti folli divenuti normali, di azioni compiute per inerzia, senza speranza di cambiamenti. La percezione del tempo, impedisce alla parola di farsi discorso, essa gira in un flusso vegetativo o semidormiente, si etilizza, ubriaca di terrore o di fame o comunque di mancanze. La narrazione non può più espletarsi in un flusso temporale continuo lineare e accertato da un inizio e una fine, ma viene spezzata, impossibilitata a compiersi, gli improvvisi vuoti dell’anima non sono più ricomponibili né colmabili in parole, il vivere diviene un inarrestabile fluire di frammenti, come frammentato appare il Tempo per chi in ogni istante è sottoposto alla casualità di un morire inutile e atroce.

L’individuo perde la coscienza della propria individualità, il singolo soldato diviene ingranaggio di una immensa fabbrica produttrice di morte, è un pezzo di ricambio, un pezzo di artiglieria fatto di carne umana.

La Prima Guerra Mondiale sperimenta su larga scala una forma di totale assoggettamento dell’uomo, la sua riduzione ad automa, fantoccio, cosa. È da qui, da quel momento storico che si inaugura in occidente la possibilità di un controllo biopolitico del corpo umano, in forma industriale, di massa. Aprendo la strada ai tanti totalitarismi del terrore del nostro Novecento”.
Marco Baliani