Lorenzo Gleijeses mette in scena la vicenda di un immaginario danzatore omonimo del protagonista de La Metamorfosi: Gregorio Samsa. Un progetto di creazione che mette in crisi il ruolo monocratico dell’artista demiurgo, procedendo per tappe che portano sopra di sé i “segni” evidenti dell’incontro stesso con particolari compagni di viaggio.
Una produzione Fondazione TPE, Nordisk TeaterLaboratorium, Gitiesse Artisti Riuniti, in collaborazione con Centro Coreografico Korper.
Dalla primavera 2015 il progetto 58° Parallelo Nord ha riunito, in una sorta di cantiere teatrale aperto, Eugenio Barba e Julia Varley (Odin Teatret), Luigi De Angelis e Chiara Lagani (Fanny & Alexander), Michele Di Stefano e Biagio Caravano (mk), chiamati a intervenire attivamente in sessioni separate su alcuni materiali performativi proposti da Lorenzo Gleijeses e dal musicista Mirto Baliani.
Da questa prima fase di esplorazione, hanno avuto origine due progetti produttivi autonomi, che vedono protagonista Gleijeses, accompagnato dalle musiche originali eseguite dal vivo da Mirto Baliani. Da un lato la performance Corcovado, diretta da Michele Di Stefano e Luigi De Angelis, con debutto previsto per la primavera 2019. Dall’altro, lo spettacolo teatrale, Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa, diretto da Eugenio Barba insieme a Julia Varley e allo stesso Gleijeses, eprodotto da Fondazione TPE, Nordisk Teaterlaboratorium e Gitiesse Artisti Riuniti. La fase di allestimento dello spettacolo ha avuto un ulteriore momento di apertura al pubblico in occasione del Napoli Teatro Festival Italia, a giugno 2018, quando è stata presentata Mente Collettiva: masterclass di Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley, focalizzata sugli interventi concreti del Maestro nella fase finale del processo di prove. Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa, dopo l’anteprima al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci debutterà in prima assoluta al Teatro Astra di Torino a gennaio 2019.
In scena assistiamo alla vicenda di un immaginario danzatore omonimo del protagonista de La Metamorfosi: Gregorio Samsa. Lo osserviamo svolgere la sua routine quotidiana mentre interagisce con una tecnologia pervasiva che sembrerebbe fagocitare qualsiasi tentativo di relazione umana. Lo scopriamo prigioniero della continua ripetizione dei propri “materiali performativi” da memorizzare in vista di un imminente debutto. Gregorio è convinto che attraverso una ripetizione ossessiva delle sue partiture sia possibile arrivare ad un alto livello di precisione tecnica e di qualità interpretativa ma, di contro, il suo perfezionismo lo catapulta in un limbo in cui si erodono i confini tra reale e immaginario, lavoro e spazio intimo, tra teatro e vita quotidiana, mondo esterno e “inner space”.
Gregorio ripete le sue sequenze coreografiche, come un novello Sisifo, per una pulsione psicopatologica? Oppure è semplicemente mosso dal desiderio di spingere al massimo i risultati del suo lavoro? Dove è – se esiste – il confine tra voglia di migliorarsi e deriva ossessiva?
Gregorio è inglobato in una “macrocoreografia panica” che continua a riprodurre permanentemente, come un ragno che non può evitare di tessere la propria tela. I movimenti che prova senza posa sono frutto di un lavoro di concezione minuzioso tale da acquisire un peso specifico, una ponderatezza, un equilibrio che le azioni della sua vita reale non riescono neanche lontanamente a intravedere. La sua ricerca artistica doppia la sua stessa vita, acquisisce una ricchezza labirintica a scapito di una quotidianità sempre più piatta, erosa da una monotonia indotta dalla sua ricerca maniacale.